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Wednesday, June 11, 2014

Gazpacho Andaluz

Isabel Gonzales in his book Round ricos de Comida, Comida pobre writes:  

Sòlo decis que hay tantos gazpachos como pueblos incluso come familia, pues cada una le da su toque, su punto especial, quie es, desde luego, el mejor. Los gaszpachos veraniegos, ya sean majados o no, pues tutavia hay quien sigue majando y no por ello ha de ser octogenario, se hacen, cuando menos, a base de tomate, pimiento, pan, ajo, sal aceite y vinagre. Segùn los casos, les pueden anadir otros ingredientes. 
(There are many gazpacho many villages or families, everyone gives his special touch, which of course is the best. Gaszpachos the summer, which may or may not be purées without necessarily intended to be an octogenarian, prepare at least with tomato, pepper, bread, garlic, salt, oil and vinegar.Depending on the circumstances, you can add other ingredients.)

This is the queen of cold soups, a salvation for appetite in hot summer days

Ingredients: 1kg of Ripe red tomatoes, 2 green peppers, a cucumber average, a clove of garlic (optional), Mollica Bread or Crackers Corn, Olive oil, a tablespoon of vinegar, 3/4 of a liter of water and salt.

Monday, December 23, 2013

The Christmas Dinner


You will find tips and recipes for Christmas lunch at the page Natale

All kind of important celebration lunches or dinners have many course, always of complex taste.
They will always take time first because they celebrate something important, but also because our stomachs need time to absorb and enjoy all dishes with pleasure, without being tired and doing honor to the table.
Today, more and more often these meals, especially in family, are in a shortened version
But traditionally of the list of course has always been quite long.
Ghirlanda di Natale
Cliccate l'immagine per sapere come realizzare questa ghirlanda.

The menu of a complete Christmas meal after an initial aperitif with appetizers could provide

  1. Starters
  2. First course
  3. Main course with side dishes
  4. Frozen fruits sweets or Sorbets
  5. Desserts
  6. Coffee and liquors

Sunday, October 13, 2013

Perché comprare Bio ed a filiera corta

Seconda Parte:  La filiera corta: nuove relazioni tra il mondo agricolo e quello urbano


Visto il sistema di distribuzione alimentare più diffuso oggi e gli aspetti svantaggiosi che esso rappresenta sia per i produttori che anche per i consumatori, sono nati, soprattutto ad opera di agricoltori preparati e spesso giovani, altri sistemi per portare gli alimenti dalla terra alla tavola utilizzando quello che viene chiamato una filiera corta.
Il termine filiera corta identifica una gamma di configurazioni produzione-distribuzione-consumo in campo alimentare, come ad esempio i mercati diretti degli agricoltori, gli spacci aziendali, i gruppi di acquisto solidali e altri.
Più in generale, una filiera di approvvigionamento alimentare può essere definita 'corta', quando è caratterizzata da breve distanza o anche da un piccolo numero d’intermediari tra produttori e consumatori.
Il sistema, spesso rende possibile ed anche relativamente facile per il consumatore il controllo della provenienza degli alimenti anche visitando il reale luogo di produzione.

Ogni Stato, almeno in Europa, ha la sua definizione e le sue regole su questo tipo di filiera.
In Francia, ad esempio, si usa il termine Filiera Corta quando è il produttore stesso che vende direttamente i suoi prodotti, oppure quando, tra la produzione e il consumo, s’inserisce un solo intermediario commerciale.


Esempi di filiera corta sono:
  • I Farmers’ Markets, mercati in cui gli agricoltori vendono direttamente ai consumatori .( A Torino, ad esempio, nel mercato di Porta Palazzo, il Farmers’ market si trova nel padiglione dell’orologio).
  • I GAS, cioè I Gruppi di acquisto solidale sono un sistema ideato in Italia da gruppi di consumatori e che permette di collegare produttori e consumatori per organizzare un sistema alternativo di approvvigionamento che non riguarda più, oggi , soltanto il cibo.
  • Le AMAP, Association pour le Maintien d’une Agriculture Paysanne, in Francia sono un sistema mirato a sostenere l’agricoltura su piccola scala. Si basano su un contratto tra gli agricoltori ed i consumatori o il gruppo di acquisto ed una stretta relazione e comunicazione tra i due, anche nel momento della pianificazione delle colture. Prezzi contenuti e Rischi e benefici condivisi.
  • IL Sistema avviato Provenza dopo il 2000 si sta sviluppando velocemente anche in altre regioni.
Non sempre queste organizzazioni prevedono un prodotto biologico ma tutte rispettano la sostenibilità delle culture, la coltivazione ben fatta e la stagionalità. Le culture sono spesso pianificate in comune tra consumatori e produttori ed i consumatori sono perciò obbligati e tener conto anche dei rischi naturali.
Gli agricoltori inoltre non sono più taglieggiati né sul tipo di culture né sul prezzo del prodotto, con comune vantaggio di tutti.

Spesso, questi sistemi abbinano anche un sistema di consegna diretta agli associati oppure in determinati punti di raccolta.
Sia Gas che AMAP aggiungono agli evidenti vantaggi sia economici che di qualità del prodotto e al rispetto maggiore per la stagionalità, anche caratteristiche conviviali, perché favoriscono sia la relazione tra gli associati che alcune attività comuni.

In Italia, una delle regioni con il più ampio sviluppo di questi metodi è la Toscana che vanta anche il maggior numero di agricoltori consociati in sistemi di tal genere.
Inoltre, al concetto di Filiera Corta si è affiancato anche quello di Kilometro zero che indica una produzione locale. La normativa italiana dice che può essere dichiarato a Kilometro Zero ciò che è prodotto entro i 70 km di distanza dal luogo di vendita.
E' evidente che i due concetti sono diversi ma certamente non sono esclusivi e che vanno sempre integrati da una grande attenzione ai sistemi di coltivazione ed alla salubrità dell'ambiente, della falda acquifera e dell'aria.

Qui troviamo unite abitudini antiche e strumenti ed abitudini moderne.
L’agricoltore non deve per forza trovare a chi vendere il suo prodotto nel momento della raccolta, ma pianifica tutto prima della semina perché gli acquirenti sono suoi associati e ne conosce sia il numero che i gusti. Il consumatore, dal canto suo, può tranquillamente controllare i luoghi ed i metodi di coltivazione ed a volte addirittura collaborare.

In alcuni paesi accade anche di trovare coltivazioni dove si sollecita il consumatore a cogliere da sé la propria frutta o verdura ad un prezzo standard, utilizzando sia apposite ceste o contenitori che fungono da misura, oppure liberamente, lasciando alla persona stessa la scelta dell’importo da pagare, che talvolta è raccolto senza particolari controlli. Ma questo, naturalmente, è possibile soltanto là dove il senso civico e l’abitudine alla collaborazione tra produttore e consumatore è del tutto certo e radicato.

Thursday, October 03, 2013

Perché comprare Bio ed a filiera corta

Prima parte: La Filiera Alimentare


Lo sviluppo "moderno" della filiera alimentare e  dell’importazione di uno stile di vita che io chiamo all’americana, dove tutto è disponibile sempre a tutti, messo in vendita in grandi vetrine permanenti si è sviluppato in Italia ed in generale in Europa nella seconda metà del 1900.
L’illusione del “tutto disponibile sempre” si è diffusa a macchia d’olio, una vera immagine del mondo dell’abbondanza e della ricchezza che ha preso piede anche come reazione a secoli di difficoltà di reperimento e di distribuzione del cibo.
La stessa rivoluzione  si era svolta negli USA a partire dagli anni ’30, dopo la grande depressione economica del 1929. A spingerla non furono i consumatori ma le strategie imprenditoriali su larga scala e generazioni di imprenditori: aumentare i consumi sarebbe stato un volano per tutta l’economia. La stessa logica di cui ci parlano le scuole di economia anche oggi, dopo che sono passati ben 100 anni!

Lo stesso Ford, grande imprenditore ed acuto osservatore, progettò tutta la struttura di compensi per gli operai delle sue fabbriche (allora i meglio pagati d’America), espressamente con quest’obiettivo: creare una medium-class con una costante e buona capacità di acquisto e consumo, che potesse così comperare le sue auto e cambiarle nei tempi necessari alla sua azienda per avere l'utile che si aspettava.

Ogni strategia all’apparenza buona ha però i suoi lati negativi. Ogni organizzazione che crea un surplus da una parte crea un danno da un’altra e questo è visibile nel tempo. Oggi la cosa è chiara anche a chi gira lo sguardo dall’altra parte. E questi danni dovrebbero essere previsti, ragionati e mitigati o eliminati

Le catene commerciali dell'alimentazione, rivolgendosi ad una larga popolazione, potevano contare su un utile sicuro proponendo una gamma di prodotti molto ampia, potenzialmente estesissima. Potevano quindi gestire strategie di prezzo verso i clienti ed agire sui costi all’origine per mantenere il mercato per così dire "calmierato".
Tutti, proprio tutti ci siamo tuffati nei supermercati, che ne avessimo bisogno o no.
Pensavamo spesso che fosse anche più comodo avere un unico punto dove comperare tutto e che in questo modo avremmo potuto risparmiare tempo. Il tempo infatti diventava ogni giorno più scarso perché per consumare dovevamo lavorare sempre di più.

Ecco il primo svantaggio: dover lavorare di più per reggere i consumi necessari a mantenere lo stile di vita e lo status sociale.

Dal semplice supermercato siamo passati agli ipermercati, poi ai centri commerciali forniti di ogni cosa non soltanto alimentare.
Fare un giro al centro commerciale è diventato un passatempo ed un simbolo di status sociale che i filmetti sui canali televisivi non hanno mai dimenticato di promuovere.
Fare un giro al centro commerciale vuol dire sempre comperare qualche cosa che non avremmo comprato se fossimo andati a fare una passeggiata in campagna o una visita ad un museo.

Il presupposto che il consumismo mette in campo è la crescita continua. Se un’organizzazione non cresce non può esistere. L’utile di qualsiasi società deve crescere continuamente e per questo è necessario che crescano i consumi che infatti per un po’ di tempo sono cresciuti senza sosta e senza criterio. Sempre di più in quantità e/o in tipologia di prodotto.

I supermercati hanno intanto influenzato la normale organizzazione della vendita di alimentari e sono cominciati a scomparire i piccoli negozi che non potevano competere con le politiche di prezzo delle catene commerciali su larga scala.

Altri svantaggi:
1) il mercato va in mano a grandi organizzazioni ed il singolo piccolo negozio scompare a meno di appostarsi su una gamma di prodotto veramente di élite che avrà però anche un prezzo da élite;
2) noi non siamo più persone ma consumatori;
3) ed i nostri consumi, soprattutto voluttuari cominciano a lievitare.

Il consumatore, da parte sua, rispondendo ad un’esigenza atavica, vuole distinguersi per passione, per gusto o per stile di vita e status sociale.
La catene commerciali del cibo, ormai non semplici rivenditori ma società organizzate, spesso enormi con tutte le funzioni e le linee normalmente presenti in una grande impresa, hanno sfruttato questa esigenza.

Negli anni ’70 nei supermercati sono comparsi sempre più frequentemente prodotti ricercati di ogni genere a cominciare dalla frutta esotica e fuori stagione.

Ecco altri danni:
1) le catene di vendita da una parte non hanno più bisogno di tenere calmierati i costi ma hanno bisogno soprattutto di far crescere gli utili. Dietro una apparente competizione è nato una specie di cartello dei prezzi ed una battaglia per abbassare i costi.

Le catene di vendita da allora hanno aumentato esponenzialmente la tendenza ad accaparrarsi rifornimenti costanti di ogni tipo di prodotto.
É finita la stagionalità ed il prodotto con pochi passaggi dalla terra alla tavola, è finito il prodotto locale.
Impossibile la vera tracciabilità, anche quando vengono date informazioni differenti e magari rassicuranti perché non potrei mai andare in Sud Africa a verificare che i garofani che ho comperato sono proprio coltivati nel rispetto delle regole dichiarate e nemmeno in Germania per vedere tutto il ciclo produttivo della carne macinata
Nascono teorie di intermediari specializzati ognuno in un singolo tratto del percorso, ognuno di essi deve crescere per esistere, deve avere un utile che cresce sempre. Questi attori della filiera cercano, trattano, procurano i prodotti e li stoccano in modo che durino sottoponendoli a trattamenti diversi ed a molti make-up perché la concorrenza vuole che la pesca e la ciliegia, in ogni stagione, siano anche belle e grosse.

Se vi capita di fare un giro negli USA, assaggiate le bellissime e grossissime fragole e capirete perché i dolciumi e le gomme da masticare alla fragola e spesso anche le marmellate sanno di sapone.

Sono nati prodotti impensabili, come la carne separata meccanicamente (MSM), una pasta di colore impreciso che viene variamente rigenerata e gonfiata perché abbia un aspetto ed un sapore che non allerti il consumatore. Tutti i prodotti commerciali a base di carne trita dai ravioli, agli hamburger, dai polpettoni ai ripieni ne contengono, senza parlare di proposte che chiameremo creative ed innovative su cui l’industria alimentare costruisce una grande storia pubblicitaria per diffondene il nuovo gusto e lo smercio.

Ed in tutto questo giro, che fine hanno fatto i produttori?

I produttori hanno dovuto seguire l’evoluzione, loro malgrado.

All’inizio è sembrato loro un vantaggio avere qualcuno che comperava tutto o quasi tutto il raccolto, ma la cosa naturalmente non è durata.
Quindi per poter continuare a vendere hanno dovuto accettare di abbassare i prezzi, per non dover buttare via tutta la produzione (vi ricordate gli interi raccolti di pomodori buttati in discarica?), nella difficoltà o addirittura nella impossibilità di vendere a sufficienza tutta la produzione direttamente ed impossibilitati a vendere ad altri intermediari se non a prezzo quasi zero.

Poi sono passati a seminare e coltivare, sia che il terreno fosse adatto o non lo fosse, soltanto colture imposte dal "sistema" commerciale. Naturalmente a qualsiasi costo, pur di sopravvivere.
Dimentichiamoci la rotazione delle coltivazioni e la differenziazione del prodotto: tutto deve essere standard, grosso e bello. Al gusto si rimedierà durante la elaborazione del prodotto.

Ancora un danno:  Così i terreni vengono impoveriti e quasi desertificati.
(In Sicilia grandi distese di terreni una volta famose per la produzione di grano sono ora incolte. Spesso le aziende agricole hanno dovuto chiudere, svendere e comunque sparire)

Per fare tutto ciò, poiché il produttore è lui stesso un consumatore, anche i produttori hanno dovuto
  • comperare le sementi che prima spesso venivano auto prodotte, anche perché molte sementi oggi sono state rese sterili con la tanto vantata tecnologia della modificazione genetica operata da chi vende sementi
  • e comperare quantità di concimi chimici e soprattutto insetticidi e pesticidi, che negli anni ’60 ha significato soprattutto DDT che ancora è presente nei terreni ed è migrato, inquinandola, nelle falde acquifere.

Da qui cominciamo a capire perché grossi gruppi hanno investito in mercati così concepiti.
Mercati dove uno guadagna e tutti gli altri perdono, cioè produttori, consumatori finali, la terra ed i nostri figli. Tutto in nome del consumo che deve per forza crescere, un dio di cui una volta non conoscevamo nemmeno l’esistenza.

Commerciare, produrre, trattare scambiare sono sacrosante azioni, ma devono essere basate su principi etici che possono esistere soltanto se penseremo non in modo egoistico ma sociale, se smetteremo di dire IO e riprenderemo davvero a pensare a NOI, come nella tradizione della cultura mediterranea.

Che post lungo! Un'altra volta racconterò come sono nati altri sistemi agricoli e di distribuzione.

Friday, September 13, 2013

Lo Zenzero




Originario delle aree tropicali del Sud-Est asiatico già oltre 3000 anni fa era coltivato in Asia ed utilizzato sia nella cucina che in medicina.
Portato in occidente forse dai Fenici che detenevano il controllo del mercato delle spezie o forse dai reduci delle campagne di conquista di Alessandro Magno, era conosciuto ed usato da Egizi, Greci e Romani che lo aggiungevano ai cibi in cui era previsto del pepe. Una merce certamente nient’affatto economica e per questo diffusa soltanto tra i ricchi che volevano mostrare la propria superiorità ed il proprio potere.
E’ citato negli scritti di Plinio il Vecchio nel I sec. aC, e compare in diverse ricette dei Libri di Apicio. E’ tra i rimedi che il medico greco Dioscoride (I sec. d.C.), consiglia per curare lo stomaco e come antidoto ai veleni.


A questa spezia che la medicina ayurvedica considera un rimedio universale, si associavano capacità straordinarie: una mescolanza di zenzero e tabacco veniva spalmata sulle palpebre degli apprendisti sciamani per sollecitare in loro la capacità di vedere gli spiriti.

In Europa, per tutto il Medioevo fece parte delle tante spezie orientali che erano commerciate soprattutto dai Veneziani e dai Genovesi per insaporire le vivande dei signori. Poi, pian piano, pur rimanendo tra i rimedi usati dalla medicina, in cucina entrò in disuso, forse per una irreperibilità sopravvenuta, per il costo insostenibile o perché il commercio doveva passare per forza attraverso le reti commerciali arabe o ancora per l’imporsi di nuovi parametri gastronomici legati alla cucina francese che di spezie orientali non faceva molto uso, come ci racconta Massimo Montanari ne La fame e l’abbondanza, edito nel 1993 da Laterza.

Oggi è ancora l’India il massimo produttore seguita a ruota dalla Giamaica e dalla Nigeria dove lo zenzero fu importato da Portoghesi e Spagnoli nel XVI secolo.

Pur non volendo seguire la reputazione di panacea per ogni male né i millantati effetti afrodisiaci, spesso ottenuti con pratiche che non definiremmo del tutto ortodosse ed a volte utilizzate anche con gli animali per dissimularne l'anzianità,  sono tuttavia molteplici i suoi benefici reali e le qualità riconosciute soprattutto come antinfiammatorio, depurante, antiossidante e digestivo anche con particolare valenza antinausea ed antivomito.

E’ una spezia detta calda, perché ha un effetto riscaldante sul corpo, ideale per chi soffre il freddo e per superare le difficoltà dei malanni invernali. Un tè con lo zenzero è un rimedio veloce contro il gelo o in caso di forti raffreddori e lo zenzero è consigliato come rimedio esterno  in caso di crampi, reumatismi e distorsioni. Compare inoltre nell’elenco degli alimenti che la ricerca ha verificato essere in grado di inibire o rallentare la crescita di cellule tumorali.

La miglior cosa secondo me é usarlo in cucina.

Nel Medioevo era uno degli ingredienti del pan pepato o del gingerbread e di biscotti speziati tra cui il famoso biscotto a forma di omino, creato durante il regno di Elisabetta I ed ormai tradizionale nei paesi anglosassoni nelle feste di Natale. Qualcuno si spinge a dire che il vin brulé è così chiamato anche perché in origine conteneva dello zenzero che lo rendeva ancor più riscaldante. Lo zenzero compare anche nella favola di Hansel e Gretel, legato ad un contesto magico ed a feste considerate momenti straordinari, come il Natale, ma questo oggi è più che altro un effetto commerciale e nulla più.

La cucina orientale e soprattutto cinese ne fa largo uso. Come non pensare alle squisite zuppe di miso con aggiunta di zenzero ed al maiale in agrodolce preventivamente marinato con un impasto di aglio, zenzero e miele o allo zenzero sott’aceto, il Gari, che accompagna sempre i piatti giapponesi di sushi, ed i curry indiani e le salse o le zuppe indocinesi.


Per finire, oggi troviamo in commercio dello zenzero candito veramente molto gradevole.

Ma io vi consiglio senza alcun dubbio questa dissetante spremuta d’arancia con lo zenzero da fare con il succo di 2 arance in cui avrete messo a macerare per circa un quarto d’ora un pezzetto di zenzero grattugiato o affettato sottilmente.